FARSI UN’IDEA
I disturbi mentali
L’anniversario della morte della principessa Diana è stato celebrato con grande enfasi ma in Gran Bretagna l’attenzione è rapidamente passata sul più giovane dei figli, il principe Harry. Il motivo è nelle ripetute dichiarazioni a proposito di sindrome post-traumatica da stress e di depressione, culminate nell’avvio della Heads Together Coalition, formata con il fratello William e la cognata Kate. Quale l’obiettivo? Mettere a sistema il lavoro di tutte le charity e le associazioni che lavorano per l’awareness nel settore della malattia mentale.
“Ogni volta che inizia una settimana dedicata alla consapevolezza della salute mentale il mio umore affonda” ha dichiarato Sir Simon Wessely in un’intervista al BMJ. “Non abbiamo bisogno che la popolazione sia più consapevole, non arriviamo a gestire coloro che già lo sono”, ha proseguito lo psichiatra britannico da poco alla guida del Royal College of Physicians, il primo specialista in salute mentale alla guida dell’Ordine. La preoccupazione di Wessely è dovuta alla necessità di conservare intatta la determinazione degli operatori della salute mentale, in un momento in cui da una parte il finanziamento alla sanità pubblica ristagna e, dall’altra, aumenta la pressione dell’opinione pubblica spesso alimentata dall’attività di fondazioni e di associazioni di pazienti finanziate dall’industria farmaceutica.
Gli psichiatri non dovrebbero unirsi a quanti sostengono che dietro qualsiasi comportamento anomalo si nasconda un disturbo mentale: al contrario, il loro compito dovrebbe essere quello di mantenere chiaro il confine tra tristezza e depressione, tra comportamenti eccentrici e autismo, tra timidezza e fobia sociale.
“We really are the people who try to maintain some form of boundary between sadness and depression, between eccentricity and autism, between shyness and social phobia.”
Sir Simon Wessely
FARSI UN’IDEA DELLA MEDICALIZZAZIONE DEL DISAGIO PSICOLOGICO
L’intervista a Sir Simon Wessely di cui parliamo nel post:
La proposta di una linea-guida per evitare l’ampliamento delle soglie di malattia
L’intervento di Wessely sul BMJ è molto importante perché è un tentativo di mettere ordine in una materia indiscutibilmente condizionata da una serie di dinamiche di tipo economico, sociale e politico.
Si stima che il disagio psichico concorra per una quota vicina al 13% del totale del cosiddetto global burden of disease (GBD). In tutti i paesi del mondo, ad eccezione di quattro nazioni, i disturbi depressivi sono le prime dieci cause di malattia. Considerata la non elevata mortalità direttamente connessa a questi disturbi, la salute mentale è la maggiore causa di anni di vita trascorsi con disabilità (YLDs): rappresenta il 19% del GBD e diventa il 23% considerando anche i disturbi da abuso di sostanze.
L’esposizione a emergenze umanitarie è un ulteriore potente fattore di rischio per la salute psichica e il trauma derivante da esperienze luttuose, separazioni o migrazioni è sempre più spesso un elemento che è in grado di innescare il manifestarsi di un disagio preesistente.
Nonostante queste evidenze, alcuni studi di riferimento dicono che una quota importante di persone sofferenti non riceve supporto né cura: è il 35-50% nei paesi a reddito elevato e il 76-85% nelle nazioni povere.
Uno studio prospettivo di coorte condotto su una popolazione di oltre 500 persone seguite dall’età di 18-19 anni a quella di 50 ha fornito dati importanti e utili per valutare l’incidenza cumulativa dei disturbi psichici. All’età di 50 anni, il 32% dei partecipanti allo studio aveva avuto esperienza di disturbi dell’umore, con una marcata differenza tra donne (39%) e uomini (25%). Il genere femminile è più vulnerabile o più esposto al rischio anche se consideriamo i disturbi da attacchi di panico (8,37% vs 3,65%), il disturbo d’ansia generalizzato (23,9% vs 17,50%) e il disturbo ossessivo-compulsivo (11,64% vs 6,59%). Stessa evidenza di connotazione legata al genere per le fobie. Al contrario, i disturbi da uso di sostanze sono più presenti tra gli uomini. Uno degli aspetti più interessanti dello Zurich Study è di ordine metodologico: gli studi prospettivi descrivono un quadro più fedele della realtà rispetto a quelli retrospettivi, perché questi ultimi sono condizionati dalla tendenza a rimuovere o a non ricordare episodi del passato o a sottostimarne la portata clinica.
Farsi un’idea del GLOBAL BURDEN OF DISEASE
L’editoriale di commento del Lancet: Editorial. Life, death, and disability in 2016. Lancet 2017;1083.
Un’analisi dei dati del Global Burden of Disease con riferimento esclusivo alla salute mentale e psichica: Whiteford HA, Ferrari AJ, Degenhardt L, Feigin V, Vos T. The global burden of mental, neurological and substance use disorders: an analysis from the Global Burden of Disease Study 2010. PloS one 2015;10(2):e0116820.
Una infografica del JAMA sui costi della salute mentale e dell’abuso di sostanze: http://jamanetwork.com/journals/jama/fullarticle/2646703?resultClick=3
Un classico studio sui dati della Organizzazione mondiale della sanità, sempre con riferimento alla salute mentale: Demyttenaere K, Bruffaerts R, Posada-Villa J, Gasquet I, Kovess V, Lepine J, Angermeyer MC, Bernert SD, De Girolamo G, Morosini P, Polidori G. Prevalence, severity, and unmet need for treatment of mental disorders in the World Health Organization World Mental Health Surveys. Jama 2004;291(21):2581-90.
Dove trovare i dati dello Zurich Study: Angst J, Paksarian D, Cui L, et al. The epidemiology of common mental disorders from age 20 to 50: results from the prospective Zurich cohort Study. Epidemiol Psych Sciences 2016;25:24-32.
Le questioni sul tappeto sono dunque molteplici. Da un lato, l’incidenza delle patologie psichiatriche. Dall’altro la necessità di una risposta di sistema del servizio sanitario, tale sia da intercettare il bisogno, sia di mettere in atto interventi efficaci.
Le ragioni per cui una popolazione così ampia di persone sofferenti sfugga al sostegno dei servizi sanitari sono diverse. Certamente influiscono le difficoltà che trattengono le persone con disagio dal consultare il medico di medicina generale: la proporzione di casi che si rivolgono alle cure primarie è infatti molto contenuta. Non è chiaro se abbia un’influenza – nel rendere meno probabile il ricorso al medico di medicina generale – la gravità dei sintomi o la percezione dello stigma da parte del paziente. La Scuola britannica di Psichiatria ha studiato per anni il problema, determinando infine che un altro fattore importante è il “funzionamento sociale” del malato, unitamente al genere, allo stato coniugale, all’età, all’occupazione e alla presenza di malattie concomitanti. Del resto, è intuitivo ritenere che una persona inserita in un contesto familiare e sociale capace di dare sostegno è più probabile trovi la forza per condividere col medico i propri problemi derivanti da un disagio psicologico.
La ricerca epidemiologica sta mettendo a fuoco i problemi aperti, ottenendo buoni risultati. Servono studi che chiariscano i predittori della cronicità, nonché i fattori di rischio principali che possono determinare la gravità dei disturbi nel corso della vita. Una migliore conoscenza delle popolazioni più a rischio – in termini di genere, di età, di scolarità e livello occupazionale – può rivelarsi determinante per pianificare e mettere in atto strategie di contrasto al disagio mentale che siano efficaci e efficienti.
A giudizio di Simon Wessely, uno degli elementi principali è l’integrazione delle cure. I pazienti con disturbi psichici, infatti, sono spesso portatori di altre malattie – cardiovascolari, respiratorie, oncologiche – ed è fondamentale che il servizio sanitario offra una presa in carico complessiva della persona, evitando di frammentare l’assistenza in molti diversi percorsi e luoghi di cura.
“What patients most want is for mental and physical services to be together.”
Sir Simon Wessely
Altra questione importante è avvicinare i giovani studenti delle facoltà di medicina allo studio e alla pratica della salute mentale. Paradossalmente, se un lavoro di sensibilizzazione sembra aver ridotto lo stigma provato dalla popolazione nei confronti delle persone sofferenti di problemi di salute mentale, si assiste a una progressiva riduzione dell’attrattività di questa disciplina nei confronti dei medici in formazione: troppa responsabilità e rischi eccessivi nel rapporto con i pazienti.
Farsi un’idea delLE SFIDE ATTUALI PER LA PSICHIATRIA
Come migliorare l’accesso alle cure psichiatriche. Un articolo sul JAMA: Knickman J, Krishnan R, Pincus H. Improving Access to Effective Care for People With Mental Health and Substance Use Disorders. JAMA. 2016;316(16):1647–1648.
Le barriere che ostacolano il trattamento dei disturbi psichiatrici: Andrade LH, Alonso J, Mneimneh Z, Wells JE, Al-Hamzawi A, Borges G, Bromet E, Bruffaerts R, De Girolamo G, De Graaf R, Florescu S. Barriers to mental health treatment: results from the WHO World Mental Health surveys. Psychological medicine 2014;44(6):1303-17.
L’importanza di un’offerta integrata di presa in carico nei bambini con disagio psichico: Campo JV, Bridge JA, Fontanella CA. Access to mental health services: implementing an integrated solution. JAMA Pediatrics 2015;169(4):299-300.
Un articolo italiano sulle sfide della formazione in psichiatria: Fiorillo A, Malik A, Luciano M, Del Vecchio V, Sampogna G, Del Gaudio L, Rojnic Kuzman M, Jovanovic N, Nawka A, Volpe U. Challenges for trainees in psychiatry and early career psychiatrists. Intern Review Psychiatry 2013;25(4):431-7.